Il Digital Markets Act (DMA) entrerà in vigore all’inizio del 2023 e non entro l’autunno del 2022 come previsto. La conferma arriva da Margrethe Vestager, capo della Commissione europea per la concorrenza e Vicepresidente esecutivo della Commissione europea per l’agenda digitale.
Anche se l’atto non entrerà in vigore fino al 2023, Vestager ha indicato che l’applicazione di alcune misure contro i “gatekeeper” indisciplinati di Internet potrebbe arrivare prima. “Il DMA entrerà in vigore la prossima primavera e ci stiamo preparando per la sua applicazione non appena arriveranno le prime notifiche”. Lo ha affermato ieri Vestager durante la conferenza International Competition Network tenutasi a Berlino.
Preparazioni del Digital Markets Act in corso
Vestager stessa ha elencato le numerose cose da fare in preparazione dell’entrata in vigore del DMA. “Dobbiamo creare nuove strutture all’interno della Commissione, mettere in comune le risorse dal DG Comp (Direttorato-Generale per la concorrenza, ndr) e il Cnect (Direttorato-Generale per la comunicazione, ndr) sulla base dell’esperienza. Dobbiamo assumere il personale. Dobbiamo preparare i sistemi informatici. Dobbiamo redigere ulteriori testi giuridici sulle procedure o sui moduli di notifica.”
Un lavoro di preparazione enorme. Perché il DMA sia il più efficace possibile, la vicepresidente ha sottolineato la necessità di cooperazione tra le autorità della concorrenza sia all’interno che all’esterno dell’Unione. “Una stretta cooperazione sarà necessaria perché avremo molto lavoro da fare e non saremo a corto di nuovi servizi o pratiche da esaminare. E gli sforzi necessari su scala globale sono enormi. Perciò avremo bisogno di lavorare tutti insieme più che mai.”
Il DMA prevede l’introduzione di una serie di regole per le grandi società tecnologiche che operano all’interno dell’Unione Europea. L’obiettivo è di far aumentare e facilitare la concorrenza in un mercato digitale e tecnologico dominato di giganti del Big Tech come Google e Meta.
Alcune delle misure previste sono l’interoperabilità tra le diverse piattaforme di messaggistica e il divieto di aggregare i dati degli utenti da più servizi per profilare gli utenti senza il consenso esplicito dell’utente. Sono previste multe salatissime per le aziende che non rispetteranno queste regole: fino al 10% del fatturato mondiale e fino al 20% in caso di recidività.