Labubu. Fino a poco tempo fa questo nome era praticamente sconosciuto, ma nel giro di una manciata di mesi questi pupazzetti sono diventati sinonimo di viralità, andando sold out in pochissimo tempo, generando code chilometriche e diventando una vera e propria mania.
Ma da dove nasce il successo di questi piccoli gadget pelosi? Se da una parte è dovuto al potere dei social media, dall’altro si nasconde una raffinata strategia di marketing che ha saputo sfruttare la psicologia dell’acquisto, le dinamiche legate alle community e la potenza dei contenuti UGC sui social.
Cosa sono i Labubu
Anche se hanno raggiunto la viralità di recente, in realtà i Labubu nascono nel 2015 da un’idea dell’artista Kasing Lung ispirandosi al folklore nordico. Da un punto di vista puramente estetico, questi bambolotti sono carini ma allo stesso tempo hanno un’aria maliziosa, con denti aguzzati e un sorriso esagerato. Un design che li rende immediatamente riconoscibili, anche senza la presenza di un logo.
Nel 2019 Lung stringe una collaborazione con Pop Mart, azienda di giocattoli cinese. E qui arriva la prima svolta: vengono prodotte centinaia di varianti in edizione limitata di Labubu venduti in blind boxes. Ma la vera consacrazione arriva nel 2024 quando Lisa, uno dei membri del gruppo K-Pop Blackpink ha pubblicato una foto che la ritraeva con un Labubu. Da lì la loro fama è esplosa, spingendo sempre più fan (Rihanna e Dua Lipa comprese) a volerli collezionare tutti.
Ma quanto costa un Labubu? Dipende: quelli più comuni si aggirano tra i 20 e i 30 dollari, quelli realizzati in collaborazione con influencer o brand di moda possono arrivare a costare tra i 100 e 200 dollari. Ovviamente però il prezzo sale vertiginosamente per i pezzi più rari o fuori produzione, raggiungendo anche più di 7.000 euro a pezzo.
Perché i Labubu hanno successo
Il successo dei Labubu si basa su diversi fattori. Oltre al loro design distintivo, si nasconde una raffinata operazione di marketing che hanno alimentato la smania di collezionarli tutti.
Le blind boxes
Primo elemento chiave della strategia è il sistema delle blind boxes, cioè le scatole con cui i gadget sono venduti. Ogni scatola ne contiene uno a sorpresa, l’acquirente perciò non sa quale variante troverà finché non l’avrà aperta. In questo modo viene alimentato l’effetto sorpresa, incentivando le persone a comprarli per soddisfare la propria curiosità, portandoli poi a comprare più scatole per completare la collezione o trovare proprio il mostriciattolo che stavano cercando. Insomma, un vero e proprio meccanismo che crea dipendenza.
Le leve psicologiche
Pop Mart poi ha sfruttato due leve psicologiche molto potenti per alimentare il successo dei Labubu, cioè il senso di esclusività e scarsità. Quando lancia una nuova collezione, Pop Mart ne mette in vendita appositamente una quantità limitata, creando così un senso di esclusività per chi riesce ad acquistarne uno. E si sa che se un prodotto è scarso, automaticamente diventa più esclusivo e di conseguenza più desiderabile.
Il ruolo dei social
Ultimi, ma non per importanza, sono i social media, TikTok in particolare. Qui spopolano video di unboxing, in cui chi ha appena acquistato una blind box la scarta e rivela quale Labubu ha trovato, con l’hashtag #Labubu che continua a registrare centinaia di milioni di visualizzazioni, challenge, contenuti creativi, ASMR e così via.
Anche l’account ufficiale di Pop Mart (@popmartglobal) è molto attivo, interagisce attivamente con i fan, presenta i Labubu in arrivo, gadget e mini-games, rafforzando il legame con la community e trasformandola da semplice gruppo di consumatori a brand ambassador.