È un fine settimana intenso, come da mesi ormai, per OpenAI, la società americana creatrice di ChatGPT. Due sono le notizie principali, una buona e l’altra cattiva: la prima riguarda il lancio di DALL-E 3, la seconda riguarda la causa lanciata da alcuni scrittori contro ChatGPT.
DALL-E 3
Da ottobre arriverà la terza generazione di DALL-E, il sistema generativo basato sull’Intelligenza Artificiale in grado di creare immagini partendo da una richiesta testuale. Secondo OpenAI, DALL-E 3 “comprende significativamente più sfumature e dettagli rispetto ai nostri sistemi precedenti”. La nuova generazione sarebbe in grado di attenersi di più al testo originale fornito dall’utente.
Oltre ad aver migliorato questo aspetto, la società ha annunciato che lo strumento sarà usufruibile direttamente all’interno del suo chatbot ChatGPT. Gli utenti così avranno la possibilità di creare e modificare automaticamente le immagini semplicemente chattando con il chatbot.
Un’altra novità importante per DALL-E è il fatto che ora il sistema può rifiutarsi di creare immagini che imitano lo stile di un artista specifico. “Comprendiamo che alcuni proprietari di contenuti potrebbero non volere che loro opere pubblicamente disponibili vengano utilizzate per insegnare ai nostri modelli”, ha scritto OpenAI.
Gli artisti che non intendono condividere le loro opere possono bloccare il crawler GPTBot per impedirgli di accedere al loro sito, in alternativa possono compilare un apposito modulo disponibile a questo indirizzo.
La causa degli scrittori contro OpenAI
E proprio a causa di una presunta violazione del copyright che OpenAI si trova nei guai.
Numerosi scrittori americani rappresentati dalla Authors Guild come George R.R. Martis, John Grisham, Jonathan Franzen ed Elin Hilderbrand hanno intentato una causa nei confronti di OpenAI. Gli scrittori accusano in particolare ChatGPT perché, nonostante non dichiari quali materiali usi per istruire i propri modelli, OpenAI ha dichiarato apertamente di fare uso di opere intere coperte dai diritti d’autore.
Partendo da questi testi, il risultato è che il chatbot è in grado di creare testi derivativi che copiano in tutto e per tutto il materiale originale, violando così il copyright delle opere e potenzialmente causando un danno economico al mercato editoriale e agli scrittori stessi.
“Il successo e la redditività di OpenAI sono realizzati basandosi su una violazione massiva del copyright, senza alcun permesso o alcuna compensazione economica nei confronti dei detentori del diritto d’autore”, si legge nel testo della causa.
“È assolutamente necessario fermare questo furto o distruggeremo la nostra incredibile cultura letteraria, che alimenta molte altre industrie creative negli Stati Uniti. I grandi libri sono generalmente scritti da coloro che dedicano la loro carriera e, di fatto la loro vita a imparare e perfezionare il proprio mestiere. Per preservare la nostra letteratura, gli autori devono avere la possibilità di controllare se e come le loro opere vengono utilizzate dall’IA generativa”, ha dichiarato la CEO della Authors Guild Mary Rasenberger.